Winchester Ciderworks – Stephen – Winchester, VA – 2022

Quando arrivi in centro a Winchester, o come la chiamano loro downtown, salta all’occhio subito il collegamento che la città ha con le mele. Infatti, non solo vedi simboli di mele dappertutto, come la più grande statua raffigurante una mela al mondo (!), ma addirittura la festa tradizionale e più importante del paese che ormai da 95 anni ravviva il periodo di fine aprile da queste parti è il Shenandoah Apple Blossom Festival, la festa per la fioritura dei meli.

Questa ossessione per il frutto proibito la dobbiamo al fatto che questa regione (Shenandoah Valley) è una delle più grosse produttrici di mele di tutti gli Stati Uniti, ma Winchester in particolare viene definita come la Apple Capital of the World. E dove ci sono mele, ci sono anche i sidri, come dove c’è uva c’è vino, e dove c’è orzo c’è birra. Perché in fondo abbiamo bisogno di mangiare, ma anche di bere.

Tutto ma, non mi sarei mai aspettato di trovare in questa cittadina un fiero inglese del Suffolk (e sfegatato tifoso del Chelsea) come proprietario, ideatore, mastro sidraio, operaio, responsabile taproom, addetto marketing e probabilmente anche coltivatore, uomo consegne e tutto il resto, di questa azienda artigianale produttrice di sidro, chiamata Winchester Ciderworks. Quando si dice un’azienda una faccia, ecco è la sua.  

Fissiamo per le 11 di un giovedì mattina e lui si presenta con un furgone pieno di barrique di Bourbon, che però non venivano direttamente dalla distilleria, ma da un birrificio che le aveva già utilizzate per le loro birre. Senza neanche che gli facessi la domanda che avevo in mente, Stephen, mi risponde subito che a lui piace soprattutto utilizzare botti che hanno fatto un ulteriore passaggio in birrificio, pensa che siano più delicate ed equilibrate.

Dopo averlo aiutato a portare dentro le botti, mi presenta a Bill, il loro Director of Operations, e sparisce a fare due telefonate. Io rimango con il ragazzo che sta facendo un trasferimento di sidro appena fermentato, e nel mentre mi mostra la loro area produzione e mi racconta la sua esperienza.

Stephen torna dalle chiamate, da due indicazioni a Bill e iniziando a parlare del suo amato Chelsea e di fermentazioni ci avviammo verso la sala di maturazione. Tutto molto rudimentale e basico, ma come sempre, queste sono le realtà più vere ed eccitanti da visitare. Come per qualsiasi produzione, non servono per forza impianti progettati dalla Nasa che costano milioni di dollari o sale operatorie per ottenere un prodotto spaziale, è molto più importante conoscere bene il proprio terreno di gioco e fidarsi delle proprie sensazioni, vale molto di più. Chiaramente dipende dalle dimensioni e dalla tipologia di produzione che vogliamo creare, ma a grandi linee, per produzioni artigianali, i più importanti strumenti sono: il buon senso e l’intuito, unito ad una spolverata di creatività. Infatti, quando gli chiedo quale fosse stato il suo passato nell’industria sidraia e come avesse imparato a produrlo, lui subito risponde di petto con quell’accento orgoglioso e ruvido inglese:

“eh come ho imparato… da solo. Provando, sbagliando, assaggiando e riprovando. Non mi fido e non mi piacciono quelli che sbandierano ai quattro venti le lauree o i corsi che hanno fatto (si è scordato che io, almeno in parte, sono uno di quelli hahah), l’importante non sono tanto quelle nozioni, ma “the smell” (come ha detto lui)”. Lui lo chiama “odore”, io lo chiamo “istinto”, ma parliamo della stessa roba. Mi piace sempre di più!

Nella cella di maturazione, che praticamente è una cantina alta circa 2 metri e qualcosa, e retta solo da qualche colonna di legno, ci sono all’incirca una ventina di barrique e (penso) una cinquantina di cubitank (contenitori di plastica da 1000L). Il sidro, dopo aver fermentato nei tank d’acciaio che c’erano nella prima sala, poi viene travasato (e a volte filtrato) e messo per circa 9 mesi a maturare e ad affrontare (naturalmente) la fermentazione malolattica a temperatura di cantina, che sia in plastica o legno. Di solito questa fase, che serve a trasformare l’acido malico, che ha un’acidità “sgraziata” e ruvida, in acido lattico, più morbido e piacevole, viene effettuata innalzando la temperatura del fermentato ed inoculando Oenococcus Oeni (il microorganismo responsabile della trasformazione chimica). Stephen invece, non inocula e lascia appunto a temperatura di cantina (un po’ freddino da queste parti), ed è per questo che richiede un bel po’ di tempo per essere portata a termine. Una attitudine, di “meno intervento possibile nella trasformazione del prodotto”, che personalmente apprezzo e che penso sia il metodo più logico e intelligente di ottenere produzioni di valore; solamente il tempo.

In quella sala mi mostra le varie tipologie di produzione, i sidri spontanei o quelli inoculati, i lotti che andranno a finire con un certo tipo di frutta e quelli che si uniranno al perry (fermentato di pere), quelli che affronteranno un passaggio in botte di rye whiskey e quelli che verranno fatti riposare in botti di Porto, insomma, posso dire che mi sento quasi a “casa”. Stephen sta utilizzando la stessa mia attitudine che ha permesso a Cantina Errante di avere più di 80 progetti diversi in 3 anni, un modo istintivo/creativo di affrontare ogni giorno in produzione. Non esiste un gran che piano “a lungo termine”, vogliamo accettare che la realtà che ci circonda muta ogni istante, e quindi è inutile lottare e provare a nuotare contro la corrente della Natura, è meglio girarsi, mettersi comodi, e seguire il fluire del corso naturale degli eventi, cercando di metterci del nostro e di virare nella direzione che pensiamo sia la più giusta, e perché no, la più eccitante.

Infatti, il “ragazzo” (Stephen), che viaggiando qua e la nel mondo, qualcosa l’ha visto ed intuito, ha accettato subito la mia inaspettata variabile che voleva mettersi di mezzo alla sua normale giornata di produzione, ed accogliendomi in questo modo così naturale, non opponendosi al mio eventuale disturbo, ha creato un punto d’incontro, ha gettato un seme dal quale potrà forse nascere qualcosa di bello e positivo nel prossimo futuro. Per adesso abbiamo deciso di ritrovarci tra qualche giorno e provare a mettere in atto una sorta di collaborazione, dove lo aiuterò a produrre il suo primo sidro dryhoppato (Sidro con aggiunta di luppolo a freddo) e perché no, stiamo parlando di iniziare ad usare qualche erba spontanea per creare una nuova linea, ed aprirsi al mondo del foraging, a me caro.

Dopo tutte le chiacchiere, mi accompagna su per le scale ed accendendo le luci mi mostra il proprio pub personale, in cui, dietro al bancone vedo più di 10/12 spine, a cui sono attaccati altrettanti sidri della Madonna. Bicchierino dopo bicchierino mi fa assaggiare quelle meraviglie, tra cui quelli che mi hanno colpito (e che ricordo hahah), sono stati quello con aggiunta di ciliegie e quello con aggiunta di pesche! UAU.

Infine, scendiamo in cantina e mi regala una cassa da non so neanche io quante lattine e mi saluta con un:

“Ciao Tom, ci vediamo domani!”

Ah sì, parlava anche po’ d’italiano… che grande!

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