Fermentazioni spontanee

Vengono chiamate così in gergo, spontanee. Non vi immaginate niente che si crei dal niente, non è autocombustione o nulla del genere. 

La decantata spontaneità di una fermentazione sta nel fatto che non viene inoculato alcun ceppo di lievito/batterio selezionato in laboratorio. C’è comunque sempre un vettore di trasmissione, di inoculo, che può essere l’aria, o i materiali che utilizzate, o le materie prime (gli alleati – scopri cosa sono)

In poche parole, stiamo distinguendo tra la storia della fermentazione, prima della scoperta dell’esistenza dei lieviti e quella dopo.

Non esiste una definizione precisa di questo termine e spesso facciamo casino. Alla fine quindi, la faccenda si fa soggettiva e personale, e dato che questo è il mio cazzo di blog, vi dico la mia.

Per me la fermentazione spontanea è innanzitutto il metodo unico e logico di creare un fermentato. Non vedo il bisogno di costruire un’industria produttrice di lieviti selezionati, quando possiamo fare con quello che abbiamo intorno a noi. Chiaramente i prodotti, non saranno come quelli che ci hanno abituato a consumare nell’ultimo centinaio d’anni, non saranno uguali tra loro, e avranno altre caratteristiche, sia di consumo che di conservazione ecc. 

Sì perché, il lievito selezionato, ovvero la moltiplicazione di un unico ceppo di lievito, è una cosa nata verso la fine dell’800, in Danimarca per merito di un certo Hansen che lavorava alla Carlsberg. 

Questa “rivoluzione” ha portato ad una produzione intensiva di lieviti da fermentazione in ogni campo, dalle bevande, alla panificazione, alla produzione di prodotti caseari, insomma, qualsiasi fermentato sulla terra, di fatto appiattendo le differenze ed uniformando tutto. Indebolendo tutto. 

Se consideriamo un fermentato come se fosse un eco-sistema chiuso, il fatto di essere colonizzato solamente da un ceppo di lievito, lo rende si standardizzato e ripetibile, ma anche altamente attaccabile dai lieviti selvaggi che vivono fuori da quel fermentato. Se invece un fermentato è colonizzato da una popolazione di microorganismi che vivono in sinergia tra loro, è molto più difficile da attaccare, perché ognuno di questi ha un ruolo specifico e non c’è spazio per altri.

È come se avessimo a disposizione un bosco e avessimo bisogno di cibo. C’è chi penserebbe di radere al suolo tutta la vegetazione ed iniziare a coltivare monocolture, e invece c’è chi farebbe con quello che ci propone il bosco iniziale, raccogliendo piante selvatiche, o al massimo piantando altre varietà di piante al suo interno, ma mantenendo un certo equilibrio. Ecco, noi cerchiamo di essere il più possibile quelli che raccolgono le piante selvatiche ed entrano di fatto a far parte dell’eco-sistema, che cercano di essere in equilibrio.

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