Foraging – Raccolta ed utilizzo erbe spontanee

Salve a tutti/e,

Il foraging, ovvero la raccolta e l’utilizzo di erbe spontanee, è un argomento molto hype (molto in voga), in questi ultimi anni. Ma come spesso succede, non è stato inventato nulla di nuovo, in realtà stiamo parlando di una riscoperta di uno dei modi più logici di utilizzare i frutti che la natura ci offre ed imparare ad usarli con rispetto; perché, detto tra noi, di logico, il nostro modo di vivere su questa terra, ha ben poco.  

Pensate sia logico, sfruttare popolazioni ed ecosistemi interi dall’altra parte della terra per approvvigionarsi di un metallo, magari, che mi permette di costruirmi un’ auto, la quale mi da la possibilità di recarmi ad un lavoro, che, altrimenti sarebbe troppo distante da casa, e donare tutto il tempo che ho a disposizione su questa terra, solo per poter guadagnare dei soldi, che mi serviranno per, innanzitutto comprarmi la macchina per andare a lavoro, ma anche per comprarmi del cibo, che un altro super-produttore ha messo su un banco illuminato dal neon, in mezzo ad un locale fatto di cemento, solo per lo scopo di fornirmi ciò che non avrei bisogno di far coltivare a nessuno, se solo sapessi che potrei usare il mio tempo per procurarmi il cibo o al limite auto-coltivarlo. Ma noi non abbiamo tempo. Non lo abbiamo perché lo abbiamo dedicato tutto ad un lavoro che ci permette solo di guadagnarci il poco tempo che ci rimane.

Concluso questo pippone polemico preliminare, portato alla vostra attenzione solo ed esclusivamente per farvi sentire un po’ meno comodi su quella sedia, adesso posso spiegarvi cos’è per me questo maledetto foraging.

Utilizzeremo questa parola, perché, come la maggior parte dei termini anglofoni, sono più semplici ed esplicativi, sono più intuitivi. Infatti, il termine foraging, significa l’ampio mondo della “raccolta ed utilizzo di erbe, frutti ed altri prodotti spontanei della natura”.

Potrei dirvi che questa mia passione, e anche qualche nozione, mi sia stato tramandato dal sapere dei miei parenti, e che ho una lunga storia di avi erboristi; ma in realtà, ho solo dei ricordi di come in casa mia sia sempre stata una cosa normale il fatto di uscire ed andare a raccogliersi qualche erba, che fosse per curarsi o per mettere qualcosa sotto ai denti che non fosse uscito da un fottuto involucro di plastica. Mia madre veniva, e viene chiamata tuttora, “la strega” dai miei amici, e forse non avevano tutti i torti.

Il fatto di aver sempre vissuto in mezzo ad un bosco mi ha aiutato a stare in mezzo alle piante e ad assistere allo scorrere delle stagioni, così come il mio fedele cane Malto, mi ha obbligato (che Dio lo fulmini), a dover andare nella natura perlomeno una volta al giorno.

Ma ciò che poteva sembrare una noia o un peso, è diventata piano piano una ricchezza.

Riscoperta di uno dei modi più logici di utilizzare i frutti che la natura ci offre ed imparare ad usarli con rispetto; perché detto tra noi, di logico, il nostro modo di vivere su questa terra, ha ben poco.  

Unendo l’esperienza diretta della natura, legata allo studio di libri di tutti i tipi, mi sono indirizzato verso questa pratica, e ho davvero capito cosa è logico e cosa non lo è.

Naturalmente questi spunti, mi hanno aiutato anche nel mio lavoro, permettendomi di creare il progetto Cantina Errante, fortemente incentrato su questi pensieri e su questa “riscoperta”.

Il fatto di avere uno stretto legame, sia psicologico che biologico, con la natura intorno a noi, non è un concetto da hippie o esclusivamente da ecologista, ha anche un motivo logico e di responsabilità.

Sto parlando di essere coscienti della frazione di mondo in cui viviamo e di cosa ingurgitiamo, sto parlando di essere coscienti di cosa calpestiamo e di cosa distruggiamo; non sto dicendo che è possibile essere invisibili, senza influenzare ed avere un certo peso sulla natura, ma sto dicendo di esserne consapevoli. Questo legame con la natura, che è tutto da ricostruire, passa anche e soprattutto dalle piante, che in peso biomassa sono il “regno” di gran lunga con più presenza sul nostro pianeta, rappresentandone l’82% (https://www.focus.it/scienza/scienze/uomini-e-piante-dominano-la-terra).

Perché pensate che le piante e gli animali crescano in una certa zona, in un certo ecosistema e non in un altro? Perché si sono adattati in milioni di anni a vivere in quelle condizioni ambientali ed hanno subito questa lentissima evoluzione che gli ha permesso di sopravvivere, creandosi le loro difese e metabolizzando efficacemente le risorse che trovano sul territorio spontaneamente. Il fatto che poi siano riusciti a nascere, crescere e vivere senza l’aiuto di nessuno, ma spontaneamente, li rende sicuramente più forti ed efficaci.

Perché non sfruttare questo lavoro che ha fatto la natura per noi? Perché pensiamo che noi non abbiamo bisogno di tutto questo? Perché pensiamo di esserne al di fuori? Siamo animali anche noi del resto. Non credete che sia più logico nutrirsi con dei frutti che crescono spontaneamente nel luogo dove viviamo, cosicché possano darci i nutrienti di cui abbiamo bisogno per vivere alla grande nello stesso ecosistema? Non pensate sia più logico, sano, nutriente, eco-sostenibile, cibarsi di una rucoletta selvatica o al massimo di un cavolo nero coltivato dal contadino nella terra che calpestiamo anche noi invece che di avocado che viene dal Guatemala?

Siamo animali anche noi del resto. Non credete che sia più logico nutrirsi con dei frutti che crescono spontaneamente nel luogo dove viviamo, cosicché possano darci i nutrienti di cui abbiamo bisogno per vivere alla grande nello stesso ecosistema?

Un altro concetto che rende ancora più logico, la ricerca di queste piante spontanee è il loro utilizzo, se possiamo dire “completo”. Per esempio, per curarsi con le piante, noi non estraiamo solamente i principi attivi o i nutrienti che ci servono scartandone il resto, come invece fanno altri, che di solito ci vengono riproposti sotto forma di pillole e rivendute a caro prezzo. Possiamo invece, provare a curarci noi stessi, attingendo dalla natura accanto a noi, solo spendendo un po’ di tempo ed impegno. Come si legge sul magnifico libro di Stephen Harrod Buhner,Sacred and Herbal Healing beers”, in cui si apprende di come sia sbagliato, estrapolare solo ciò che ci serve dalla natura, o comunque che vada fatto con coscienza di cosa stiamo facendo. La mentalità scientifica di estrarre solo il principio attivo di una pianta, quindi concentrarlo ed utilizzarlo per curare una malattia acuta, è sicuramente efficace nel breve termine, ma è totalmente diverso dall’uso dell’intera pianta inserita nella nostra dieta, che può prevenire la suddetta malattia non avendo gli effetti indesiderati derivati dall’immissione nell’organismo del “concentrato” di quelle molecole. Come sempre, non esiste una cura totale e giusta, so solo che dovremmo ascoltare di più il nostro organismo ed avere una attenzione cosciente di come stiamo vivendo, di ciò che immettiamo nel nostro corpo e via discorrendo, ma ciò può arrivare solo dopo un profondo lavoro su sé stessi.

Da ora in avanti, farò una raccolta di quelle piante e frutti della natura, che sto iniziando a conoscere e che mi trovo intorno, e ve la mostrerò, così che magari, un giorno, potremo tutti diventare un po’ più coscienti.  

Andate a studiare e a fare esperienza di ciò che c’è fuori

Tom

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